In Barbagia, cuore selvatico della Sardegna, non si ha neanche la percezione di quello che è uno dei mari più ambiti del pianeta, figurarsi del lusso che in riva a quel mare è sparso. Montagne e precipizi, invece, resti nuragici e prati di peonie, grotte e alberi di agrifoglio.
Sul Supramonte corrono cavalli allo stato brado. Ad immergervisi cresce via via il sospetto di disturbare, di fare troppo rumore in un «mondo a parte», silenzioso, dove chiunque vi accede è considerato straniero. Virgilio Lilli, nel suo Viaggio in Sardegna, consiglia di entrarci con discrezione, «chiedendo il permesso, quasi si trattasse di mettere piede in un appartamento».
Lunghi tratti di strada serpeggiante tra morbidi cuscini d’erba e cespugli, spruzzati qua e là di giallo e lilla, con rade macchie rosse di papaveri. Immersioni in ripidi tornanti e repentine riemersioni, su e giù come sulle montagne russe, in un verde avvolgente in cui gli unici simulacri di presenza umana sono i casolari bianchi dei pastori. Centri abitati che sembrano paesi-fantasma all’ora di pranzo. Lula, ad esempio, che appare improvvisa dietro l’ennesima curva, accoccolata sotto la muraglia del Montalbo. «Non piangete ragazze, torneremo», c’è scritto con lo spray sul muro di una casa di pietra. A guardarsi attorno viene da pensare che l’incitamento sia arrivato tardi, quando le ragazze, ormai, si erano già sciolte nelle lacrime, poiché non ve n’è traccia in giro. Nell’unico bar aperto, nella piazzetta, un trio di giovani balentes, scarpe grosse e pantaloni di velluto fino, abbandonano a loro volta la scena. Sul bancone, al centro di una scenografia deserta, è rimasta la scritta a pennarello sulla copertina di una rivista: «Boe».
Già, Matteo Boe, l’ultimo dei banditi classici, «il bandito alto e bello» nell’immaginario popolare. La sua casa è a poche decine di metri dal bar. In una grotta dell’incombente Montalbo ha custodito il piccolo Farouk, rapito a Porto Cervo e liberato (si dice) grazie all’intermediazione di Graziano Mesina, altro bandito da leggenda.
Ed è anche attraverso queste storie, che ancora aleggiano sul paesaggio, che si respira il profumo della «lontananza », in un Wild West ancora indocile all’addomesticamento.